ARIANNA, IL LABIRINTO NERO
storia di una frammentazione
Un’opera che non si limita a raccontare, ma interroga. Arianna, il Labirinto Nero porta in scena il disturbo da dipendenza affettiva con uno sguardo verticale, lirico e impietoso. In un'epoca in cui il femminicidio è purtroppo ricorrente, attraversa ciò che a volte vi si cèla.
In scena una sola attrice che dà corpo a tre istanze freudiane – l’Es, un Io fragile e il Super-io – in una partitura stratificata che riscrive in chiave autoriale il mito attraverso la lente biografica di Dora Maar, musa di Picasso, che nel suo diario scriveva di lui:
«Lo chiamavo il Minotauro. Non mi amava. Mi divorava.»
Rivisitazione del mito
Il Minotauro qui non è quindi il mostro mitologico, ma simbolo del manipolatore, conseguenza di traumi antichi e causa del loro perpetuarsi. E il filo di Arianna non è via d’uscita ma è atto di memoria e tessitura della coscienza.
La drammaturgia vuole rendere omaggio alla triste storia di Dora Maar, Intreccia le visioni di Santa Teresa d’Avila e la Trilogia della città di K. di Agota Kristof. Osserva la ribellione di Nora Helmer, ritrova i dialoghi di Kafka con un rocchetto di filo e si inabissa nella tragedia greca. Accoglie il pensiero di Carl Gustav Jung e la sua teoria dell’Ombra, le istanze freudiane, la scrittura notturna di Fernando Pessoa, la visione simbolica di Friedrich Dürrenmatt e le riflessioni psicoanalitiche di Roberto Viganoni. Scene di artigianato teatrale integrate nel linguaggio drammaturgico.
Arianna, il labirinto nero è una liturgia del frammento, in cui la frattura non chiede guarigione, ma ascolto.
Non si guarisce dalla dipendenza affettiva uscendo da una relazione.
Si guarisce uscendo dalla forma interiore che ci fa credere che l’amore debba salvarci.
La dipendenza affettiva non è una debolezza del carattere. È una condizione psicopatologica
caratterizzata da un pattern disfunzionale e persistente di legame emotivo, in cui il soggetto sviluppa un bisogno eccessivo e compulsivo dell’altro, compromettendo la propria autonomia, il senso di sé e la qualità della vita.
Tale condizione è spesso associata a stili di attaccamento insicuri, bassa autostima, paura dell’abbandono e a una marcata tendenza a instaurare relazioni sbilanciate, segnate da idealizzazione, sottomissione e comportamenti auto-annullanti.
In termini psicodinamici
La dipendenza affettiva è una configurazione in cui l’identità si organizza attorno al bisogno dell’altro, e ogni separazione riattiva una ferita che non ha origine nel presente, ma in una grammatica invisibile, scritta nell’inconscio prima del pensiero.
Nel mondo scenico di Arianna: Il Labirinto Nero - storia di una frammentazione
questa grammatica prende corpo attraverso tre istanze psichiche freudiane incarnate in forma simbolica:
- Morwenne – l’Es, pulsione primaria che trattiene, combatte, reagisce;
- Tersia – un Io affettivo fragile, che si sacrifica pur di non essere abbandonato;
- Nauma – un Super-io simbolico, che osserva tutto e preserva la coerenza, anche quando fa male.
Non personaggi di fantasia ma forme primarie di identità
Non sono personaggi di fantasia, sono forme primarie dell’identità: strategie di sopravvivenza emotiva che, finché restano invisibili, scelgono legami fatti per confermare la loro stessa esistenza.
Accanto a loro c’è Verania, un peluche, non semplice oggetto scenico ma oggetto transizionale: testimone muto del trauma, caricato di significato affettivo, memoria e bisogno.
Questo spettacolo non dà la caccia al carnefice:
smaschera la scomoda responsabilità del perché la “vittima” continua a sceglierlo, ma apre anche uno sguardo psicoanalitico sul carnefice stesso — non per assolverlo, ma per comprendere da quale ferita agisce, e quale forma d’identità lo costringe a ferire per esistere.
E nel farlo, Arianna: Il Labirinto Nero apre anche una lettura più ampia e strutturale: non un’accusa al maschile, ma una decostruzione del patriarcato come architettura invisibile del desiderio. Un sistema che non ha bisogno di imporsi con la forza: agisce dall’interno, si replica nei legami, si serve della vittima per perpetuarsi.
PUNTI DI FORZA
⭐️ Struttura drammaturgica innovativa
⭐️ Sincretismo poetico, filosofico, spirituale e psicologico. Partitura stratificata.
⭐️ Scene di artigianato teatrale
Prossima data 31 Gennaio 2026
ROMA, TEATRO DI DOCUMENTI

 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                 
                